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 “La ragazza spuntò dalla luce del balcone, accaldata. La lunga camicetta di pizzo morbido le sventolò sul corpo nudo. Bruna, con capelli lunghi, soffici e leggeri come seta costosa; i capelli concludevano l’abbondante grazia della sua figura. Magra, ben tornita, spalle dritte, braccia delicate e sottili, un ventre piatto e morbido che mostrava la luce interna d’una pelle splendente quale la polpa d’un melone bianco.

   La ragazza era lontana. E così passò nella stanza come un fantasma ninfeo, con un sorriso vago, dolente e disponibile. Sembrava camminasse in punta di piedi, forse l’effetto del seno scoperto. S’avvicinò al letto della sua stanza e vi salì a carponi. Quindi, le piante nude dei piedi in alto, si piegò fino a toccare con le guance le lenzuola, si voltò e sorrise. Lui l’avvicinò. Tremava. Le alzò la camicetta e vide il respiro gonfiarle i fianchi e l’arco stretto della vita. Precipitò verso quel candore di carne. Respirò intensamente il profumo che quel corpo emanava e si stordì.

   «Annamaria» disse ridestatosi dal sogno. Guarda cosa vado a sognare, pensò, però, però, concluse. Non se l’era mai immaginata così; coscientemente, almeno. Annamaria era un ottimo partito e lui era Angelo Ciccio Messere, rampante ingegnere comunale di seconda categoria, primo scatto, promettente ed ambizioso”

   
         
   
   Dario Dellino
 
   Giulietta va a teatro

   centotrentadue pagine illustrate

   cucito in ottavi
   € 12,00

   EDIZIONI DAL SUD / BARI

 

   
         
   

   C’erano una volta due fratelli che vivevano in una città all’estrema punta d’un regno a forma di stivale. Si chiamavano Onofrio e Antonio. Avevano una sorella stupenda, Annamaria, sposata ad un tipo disceso in città dalle colline vicine. Il regno, meraviglioso, era solcato da montagne alte e coperte di neve che si tuffavano direttamente nel mare, boschi scuri e profondi e fiumi d’argento. La gente che viveva in questo regno straordinario parlava cantando e i paesi sembravano fatti di marzapane e frutta candita, con case bianche e bordò aggrappate alle pendici dei monti o attorno a piccoli porti in cui si specchiavano barche azzurre.

   Questa è la storia di Giulietta: non voleva andare a teatro, eppure ci andò. E’ la storia di un mucchio di mattoni e cemento impastati con tanti buoni sentimenti. E’ una storia d’amore.

   Mi è stata raccontata da un barbiere che aveva bottega nel palazzo del teatro Petruzzelli. A quel tempo avevo ancora i capelli e una volta alla settimana, essendo molto vanitoso, me li andavo a far spuntare e pettinare.

   Il barbiere, ottant’anni vispi e arzilli, parlava senza sosta. Giorno dopo giorno si cominciò a far strada nella mia mente l’idea di raccogliere per iscritto le sue chiacchiere. Questa narra l’origine del palazzo in cui lavorò mezzo secolo. Giurai che se fossi sopravvissuto alla sua mano malferma ed al rasoio così vicino alla mia gola l’avrei trascritta.

   Ed eccola qua.

   
         
   

   "Il santo, protetto dalla campana, vestito di giallo, bello riposato, accettava con gusto le suppliche di quelli che gli strisciavano sotto. Beato te, pensai avvicinandomi. Chiesi un paio di cosette.

   Le mani giunte, spossato, mi inginocchiai.

   Un tempo me ne sarei vergognato: la preghiera è una faccenda molto intima, molto personale. È come fare sesso: soltanto gli esibizionisti e i depravati amano farlo in pubblico. Ma quel giorno ero stanco, molto stanco. Non me ne accorsi nemmeno: mi poggiai sulle ginocchia, e, abbandonata la fronte alle mani giunte, chiusi gli occhi. Nel buio della mia anima apparve una macchia bianca. La macchia aveva un cappellino di carta e una pala di legno tra le mani.

   Era Riccardo, il panettiere.

   Sorrise: io sorrisi. Riccardo ficcò la pala nel buio del sogno e la tirò indietro, illuminata, in primo piano. Sulla pala c’era una focaccia appena sfornata. Grande come la ruota di un camion, croccante, dorata, soffice, calda, profumata, sfrigolante. I pezzettoni di pomodoro affondavano nella pasta come crateri e c’erano olive e granelli di sale grosso e origano e olio. Aprii gli occhi e guardai in alto.

   Una smorfia mi sformò il viso e le braccia, per lo sconforto, cascarono a terra"

   
         
   

   Dario Dellino
  
   La sventurata sorella della poesia
 
   Supporto Cartaceo Editore
   192 pagine, cucito in ottavi
   stampato su Arcoprint Fedrigoni, 120 grammi 
 
   € 8,90
   
         
   
In un rovente meridione popolato da preti e perdigiorno, Gianni Tranquillo, a causa d'un surreale incidente è costretto al suo debutto in società.
   Vivendo con lo zio perché inadatto ad ogni attività crede sulle prime d'essere spacciato.
   Con la porta di casa sbarrata, senza un soldo in tasca e una fame e una sete pazzesche cerca asilo e conforto bussando a tutti i santi della città.
   Un ritmo bizzarro accompagnerà le avventure di questo candido personaggio.
   Chiede pane e gli cantano favole, cerca asilo in un terrazzo, tra tortore e fichi, s'innamora d'una bionda troppo prosperosa.
   Non si dà per vinto: continua, cammina, spera e porta il tempo delle sue sconfitte sorridendo e scuotendo la testa.
   Ha un piano e lo mette in atto, solo che un'altra volta, il destino, ficcandoci la sua zampaccia pelosa scompiglierà tutto.
   Situazioni spettrali e misteriose si susseguono: ma Gianni è uno scettico materialista con i piedi piantati in terra.
   Tutto sembra volgere al peggio quando, inaspettatamente, succede qualcosa.
 
Un'avventura leggera, strafottente, un meraviglioso teatro di teologia negativa. 
   
         
   
E’ oggi e non ieri e non domani che si mette in vendita il mirabile, l’inimitabile, il divino e più che divino romanzo del celeberrimo Dario Dellino, La sventurata sorella della poesia,
che l’Europa e anche le altre parti del mondo e la Polinesia attendono con tanta impazienza da un anno e passa.
Se ne vendono cinquecento copie al minuto, e le edizioni si susseguono di mezz’ora in mezz’ora: siamo già alla diciannovesima.
Un picchetto di guardie municipali è alla porta delle botteghe libraie, per trattenere la folla ed impedire disordini.
 
Ecco, ad esempio, a Bari dove è possibile trovare qualche copia superstite: 

Libreria Palomar: via Nicolai 10 / Libreria Nautica: piazza Garibaldi 59 / Libreria Roma: piazza Moro 13 / Chat Noir: via Manfredi 2 / Gramigna: via Adige 34 / Cinema Splendor: via Buccari 24 / Libreria Adriatica: via A. da Bari 119 / Libri & Libri: via P. Amedeo 158 / Libreria Villari: via Lombardi 28

   
         
         
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