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    Titolo del film: IL MATRIMONIO DI LORNA (Le silence de Lorna)

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Jean-Luc e Pierre Dardenne

Fotografia: Alain Marcoen

Interpreti: Arta Dobroshi (Lorna), Jérémie Renier (Claudy), Fabrizio Rongione (Fabio), Alban Ukaj (Sokol), Morgan Marinne (Spirou), Anton Yakovlev (Andreï), Grigori Manoukov (Kostia), Mireille Bailly (Monique Sobel), Stéphanie Gob (Infermiera), Laurent Caron (Detective), Baptiste Sornin (Impiegato dell'obitorio), Alexandre Trocky (Dottore), Cédric Lenoir (Impiegato di banca), Cécile Boland (Dottoressa), Serge Larivière (Farmacista), Philippe Jeusette (Fabbro), Sophia Leboutte (Madre di Claudy), François Sauveur (Fratello di Claudy), Christian Lusschentier (Paramedico), Stéphane Marsin (Spacciatore), Olivier Gourmet

Genere, durata e nazionalità: Drammatico, Belgio/Francia/Regno Unito, 106'

   
         
    Trama    
         
    Rassegna Stampa    
         
       Giulia Baldacci - da www.filmup.com

   Lorna è una giovane albanese che, per ottenere la cittadinanza belga, accetta il piano di Fabio, un malavitoso, che la fa sposare ad un tossico, Claudy. Lo scopo dell’uomo è quello di far ottenere in fretta il divorzio alla donna e di farla sposare ad un mafioso russo, che pagherebbe moltissimo pur di ottenere a sua volta la cittadinanza. Il sogno della ragazza pare essere quello di aprire uno snack bar con il fidanzato, Sokol, e il miraggio dei soldi che Fabio le ha promesso è irresistibile. Solo che le cose non vanno proprio per il verso prestabilito e tutto si rallenta. Fabio decide allora di accelerare i tempi, uccidendo Claudy con un’overdose. Lorna tace, ma qualcosa in lei è differente da prima...

   Jean-Pierre e Luc Dardenne, i fratelli belgi vincitori di due Palme d’Oro per Rosetta (1999) e L’Enfant (2005), si presentano da habitué a Cannes, sorprendendo tutti e facendo storcere il naso a molti, con la cifra stilistica differente e la svolta rappresentata da Le Silence de Lorna. I Dardenne, noti per l’asciuttezza e il rigore delle scene, per le inquadrature essenziali, fedeli al motto "non una di troppo", si concedono stavolta un viaggio più sentimentale, fino al limite del pietismo, e quindi meno oggettivato, più "paesaggistico", che non pare appartenere alle loro corde, nei dubbi e nei cambiamenti coscienziali della loro protagonista (la bravissima kosovara Arta Dobroshi, scelta tra centinaia di aspiranti al ruolo). Cambia anche il modo di filmare, non più in super 16 mm ma in 35 mm, con un uso decisamente minore della camera a mano e con inquadrature più larghe che, oltre ai protagonisti, inquadrano il paesaggio circostante. E, se prima era la cittadina industriale di Seraing, ora è Liegi: a voler significare le speranze di Lorna, riposte, da immigrata, in una grande città e anche, secondo le parole dei Dardenne, perché "volevamo vedere Lorna in mezzo alla folla, con la gente fisicamente vicina, che è ignara dei suoi segreti".

   Una svolta quindi che, al di là dall’essere solo esteriore, è simbolica. Le tematiche sono le stesse di sempre: le scelte obbligate dei diseredati, in questo caso dei "sans papier", già trattati in "La promesse" (1997), l’analisi dolorosa di esistenze disperate, che paiono non avere scelta, lo spiraglio di speranza finale, che squarcia forse il pessimismo cupo dei Dardenne, con una scivolata nel sentimentale che sorprende chi conosce i due registi sceneggiatori, che ci tengono a precisare che questa è, in fin dei conti, una storia d’amore.Un film non del tutto equilibrato, come se i due registi dovessero ancora rodare la loro nuova strada.

La frase:
- "Non ti fidi più di me?"
- "Devo farlo, ho bisogno di te. Ma ricorda: anche tu hai bisogno di me"

   
         
   
   Giancarlo Zappoli - da www.mymovies.it

   Un'indagine sull'immigrazione, e sui sentimenti, per l'inizio del nuovo corso del cinema dei Dardenne

   Lorna è una giovane immigrata albanese a Liegi. Per ottenere la cittadinanza si è messa nelle mani del malavitoso Fabio. Costui le ha procurato un matrimonio con Claudy (un tossicodipendente) e Lorna ha ottenuto ciò che desiderava. Ora vorrebbe poter aprire un bar con il suo fidanzato Sokol che fa il pendolare da una frontiera all'altra. Per ottenere la somma necessaria deve però portare a compimento il piano di Fabio. Deve cioè poter ottenere un rapido divorzio per poter così sposarsi nuovamente. Questa volta con un mafioso russo che ha, a sua volta, bisogno della cittadinanza belga. Le procedure rischiano però di essere troppo lente e allora Fabio mette in atto la soluzione che già aveva in mente: elimina Claudy con un'overdose. Lorna mantiene il silenzio ma c'è qualcosa di nuovo nella sua vita.
Qualcosa è cambiato anche nel cinema dei Dardenne. Noti agli appassionati (e vincitori di ben due Palme d'oro con Rosetta e L'enfant) per il rigore di un cinema da sempre attento a scavare nelle cause del dolore delle persone più vulnerabili, i due fratelli vantano caratteristiche stilistiche ben definite. La camera a mano, la scelta del super 16 mm, l'assenza di qualsiasi commento musicale hanno sempre costituito gli elementi identificativi del loro cinema unitariamente a uno stile teso a non aggiungere al film un'inquadratura in più del necessario.
In questa occasione la forma (camera molto meno mobile e scelta del formato 35 mm) sembra avere avuto il suo influsso anche sul contenuto. Lo sguardo che i due fratelli belgi proiettano sul grave problema dell'immigrazione, legalizzata attraverso percorsi illegali, si lascia andare con maggiore disponibilità a un'indagine sui sentimenti venata da un accenno di patetismo. Lorna ha un volto dolcissimo ma è entrata in un'arena in cui dominano i lupi. Se vuole realizzare i propri sogni non può e non deve affezionarsi in alcun modo a Claudy con il quale è costretta a convivere per rispondere ad eventuali controlli delle autorità belghe. Ma Lorna non è un lupo. È una giovane donna che finisce col provare una pietà che sconfina nell'amore per quel relitto umano che le chiede costantemente aiuto per uscire dal tunnel in cui si è infilato. La scoperta di questo sentimento precede di poco l'eliminazione fisica del ragazzo. Il quale muore ma continua a viverle 'dentro' al punto da farla sentire in attesa di una nuova vita. Come sempre i Dardenne offrono nel finale ai loro protagonisti una luce (per quanto fioca) di speranza. È quanto accade anche a Lorna, protagonista dell'inizio di un nuovo corso del loro cinema.

   
         
       Gian Luigi Rondi - Da Il Tempo, 22 settembre 2008

   La cinica disperazione degli immigrati raccontata dai fratelli Dardenne

   I fratelli Dardenne, gli autori più rappresentativi dei cinema belga di oggi, con ben due Palme d’oro vinte a Cannes, per «Rosetta», nel ‘99, e per «L’Enfant», nel 2005, continuano, con aspro rigore, ad esplorare i guasti della nostra società analizzandoli sempre all’interno di casi singoli, attenti all'analisi sottile delle psicologie del personaggi che propongono.
Il tema, questa volta, è l’immigrazione, clandestina e no. Così il personaggio al centro è una giovane albanese, la Lorna del titolo, che per acquistare la cittadinanza belga, con la complicità di un malavitoso italiano, ha contratto un matrimonio con un tossicodipendente di Liegi, garantendosi prima che sarà assolutamente in bianco.
Raggiunto questo scopo, ne ha un altro: aprire un bar da gestire con il suo amante albanese. Ma le manca il denaro necessario, così il suo solito complice pensa di organizzarle un matrimonio con un russo che, versandole una grossa somma, riuscirebbe a sua volta a diventare belga. Però dovrebbe divorziare dal tossicodipendente, e il divorzio costa, a meno che l’altro non lasci libero il campo morendo per una overdose. O per qualcosa che si possa far figurare come tale… Una donna al bivio. Prima cinica, decisa a raggiungere i propri scopi, indifferente a tutto fuorché a quel bisogno impellente non solo di uscire dalla clandestinità, ma di costruirsi una vita propria, libera e in tutto appagata, a cominciare dall’amore. Poi, di fronte a quel marito che soffre per forti crisi di astinenza e che intuisce condannato a morte dal malavitoso per i propri interessi, un ripensamento profondo, una fuga da tutto, forse, da ultimo, perfino un rimorso che significherà redenzione.
Il testo è asciutto, sottile, tessuto di sapori realistici che però, nella costruzione dei fatti, danno largo spazio alle ellissi, al non detto o semplicemente all’alluso. Mentre lo stile si affida a moduli piani e persino tranquilli di rappresentazione, privilegiando le figure spesso in primo piano, con tecniche più tradizionali che non nei film precedenti dei due autori: per far una cronaca tanto più normale quanto più i casi esposti sono crudamente fuori dalla norma. Evitando con cura, anche nei momenti più tragici - riferiti, mai mostrati - impennate e accensioni.
Con il sussidio di una recitazione che si manifesta molto spesso solo attraverso i silenzi. Quella della protagonista, intanto, l’attrice kosovara Arta Dobroshi, che opera con finezza sulla mimica, e quella di Jérémie Renier, il tossicodipendente; spesso in prima fila nei film dei Dardenne.

   
         
       Silvio Danese - Da Il Quotidiano Nazionale, 20 settembre 2008

   “Realismo d’acciaio” marchio Dardenne, i fratelli che hanno l’abbonamento alle Palme di Cannes (tre, tra cui il miglior film con Rosetta, nel ‘99). Immigrazione e inserimento sociale, tra ricatti, sogni di benessere e bisogni di normalità nell’Europa multietnica di oggi sono le forze che lacerano le aspirazioni di una ragazza albanese di Liegi. Pedinata da sette cineprese a mano, sempre con un taglio scabro del racconto, Lorna deve accettare l’assassinio per overdose del marito drogato, provocata da un faccendiere italiano che traffica coi clandestini.
Scomparso Claudy (l’immancabile Renier, attore feticcio dei Dardenne), che aveva sposato per diventare regolare, a suo modo, l’unica persona che l’ama, ora tocca a lei fornire il servizio a un boss russo, coi soldi del quale spera di comprarsi un futuro. I nervi cedono e una gravidanza isterica brucia l’anima. Anche qui, la percezione dialettica delle volontà di ciascuno esalta la forza d’un grande personaggio tragico. Anche qui, l’inquadratura ha ogni volta il pathos freddo della verità. La giovane kosovara Arta Dobroshi è la luce del film.

   
         
       Paolo D'Agostini - Da La Repubblica, 19 settembre 2008

   Soldi in overdose

   A Liegi una ragazza albanese emigrata ha fatto un matrimonio bianco con un drogato, per acquisire la cittadinanza belga: ha pure ottenuto il divorzio, ma le pratiche sono lente, lei ha fretta perché il suo protettore vuole che sposi un russo desideroso di diventare cittadino belga; così è complice nell'uccisione per overdose del drogato. Intorno a lei si muovono quattro uomini: il protettore, un tassiste che organizza la vita di lei per fare soldi; il russo che paga bei soldi; il marito drogato, che le chiede continuamente, come a una madre, aiuto e soldi; l'innamorato albanese di lei che si vede poco, è sempre altrove per guadagnare soldi con lavori pericolosi.
Nel bellissimo film degli straordinari registi fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, due volte vincitori della Palma d'oro a Cannes (per "Rosetta", per "L'Enfant"), eventi essenziali della vita (nascita, morte) vengono usati per compiere reati. Il denaro è ovunque: preso, versato, toccato, nascosto, desiderato, rifiutato, scambiato, in banconote simbolicamente sporche, stropicciate, maltrattate. Le leggi stabilite con civile impegno dall'autorità europea per salvaguardare i collettivi diritti umani, si mutano in occasioni delinquenziali. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo acquista nuove forma, che ignorano il lavoro. I sogni di un'esistenza, le massime ambizioni, possono consistere nell'aprire un bar. I personaggi diventano i criminali più contemporanei, nell'approfittare del conflitto tra buone volontà e azioni indegne.
Ma, secondo gli autori, i personaggi non sono mai senza speranza etica: la ragazza, dura di carattere e di gesti, approda a un rimorso, una fuga dal male. Lo stile dei Dardenne (macchina da presa a mano, pedinamento degli attori, laconicità) nel "Matrimonio di Lorna" cambia, si arricchisce di dialoghi sostanziali, della parola, di immagini relativamente quiete, per raggiungere la forma di realismo anche interiore più alta mai vista prima.

   
         
       Roberto Nepoti . Da La Repubblica, 19 settembre 2008

   Dardenne, la vita reale diventa grande cinema

   Poche volte abbiamo visto rappresentare con tanta forza sullo schermo la tragedia dell’immigrazione, il traffico di corpi e identità, la nuova schiavitù che coinvolge tante vittime e tanti carnefici in uno dei peggiori inferni del mondo globalizzato. La giovane albanese protagonista del Matrimonio di Lorna rappresenta una sintesi degli uni e degli altri. Per conquistare la cittadinanza belga, si è legata a un equivoco tassista di Liegi che le ha combinato un matrimonio bianco col tossicomane Claudy; ora si prepara a sposare un mafioso russo: dalle nozze questi otterrà una nuova nazionalità, Lorna i soldi per aprire un bar col suo ragazzo albanese. Da chiave di volta del piano, il fragile Claudy ne diventa l’impedimento da rimuovere. Basta simulare la morte per overdose dell’ingombrante junkie; ma sarà, Lorna, così dura da tacere ciò che ha già capito? In lei va affiorando un senso di pietà per il poveretto, tormentato dai crampi dell’astinenza: quanto basta per offrirgli il proprio corpo come palliativo, forse non abbastanza per proteggerlo dal delinquente con cui si è associata. Due volte vincitori della Palma d’Oro (per “Rosetta” e “L’enfant”), quest’anno Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno incassato “solo” il premio per la sceneggiatura a Cannes. Va subito detto, però, che Il matrimonio di Lorna è un film molto vicino al capolavoro: forse meno compatto e conchiuso dei precedenti, ma perché segna una fase di passaggio nello stile dei due fratelli valloni. Se da una parte, infatti, i cineasti continuano a pedinare gli attori con una serie di semi-soggettive che ti fanno entrare nella loro pelle (la vicenda di Lorna è una Via Crucis che lo spettatore patisce assieme a lei), dall’altra la macchina da presa comincia a staccarsene, a prenderne le distanze tramite inquadrature meno mobili, abitate da più personaggi. Contemporaneamente i Dardenne ricorrono all’ellissi, al “taglio” anche brusco di alcuni avvenimenti, che è compito dello spettatore intuire. Ancora una volta, beninteso, ci raccontano una storia di caduta e redenzione; usano un linguaggio naturalistico degno del migliore neorealismo italiano per mettere in scena conflitti interiori e sensi di colpa, percorsi di crescita spirituale che evocano (in versione più laica) il cinema di Robert Bresson. Al grande regista francese li accomunano molte cose: a partire dalla rappresentazione del denaro, che circola continuamente in questo e negli altri loro film con il suo enorme potere materiale e simbolico. E si può senz’altro aggiungere la maniera ammirevole con cui, in modo analogo al vecchio maestro, sanno utilizzare l’intensità espressiva di interpreti semi- sconosciuti: nel caso l’albanese Arta Dobroshi (invece Claudy è lo struggente Jérémie Renier, l’attore-feticcio del duo): corti capelli neri a caschetto e una fisicità che scende dallo schermo in platea, mentre il suo volto esprime il passaggio da un sentimento a un altro, oppure annaspa tra sentimenti simultanei e contrastanti. Come accade nella vita reale, e nel grande cinema.

   
         
       Lietta Tornabuoni - Da La Stampa, 19 settembre 2008

   Un altro capolavoro dei fratelli Dardenne

   Bellissimo film. Storia di una ragazza albanese emigrata a Liegi, stiratrice partecipe della truffa dei matrimoni bianchi celebrati per ottenere la cittadinanza belga, intorno alla quale si muovono quattro uomini:un tassista italiano che approfitta di lei, un innamorato albanese che non c’è mai, un drogato che l’ha sposata e muore, un russo che vuol sposarla in fretta sempre per via della cittadinanza. Il matrimonio di Lorna dei fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, artisti ammirevoli, vincitori a Cannes di due Palme d’Oro (per Rosetta e per L’enfant), racconta le illegalità più contemporanee, quelle legate allo sfruttamento delle pieghe di leggi che vorrebbero favorire i diritti umani: il matrimonio- imbroglio come la cessione di neonati (L’enfant); come il riscatto attraverso il lavoro di assassini minorenni (Il figlio); come il traffico di manodopera dl immigrati clandestini (La promesse).
Alle vicende attualissime si unisce uno stile unico. Sinora i Dardenne avevano usato l’inquieta macchina da presa a mano, la rarefazione dei dialoghi, il pedinamento molto ravvicinato dei personaggi. Nel Matrimonio di Lorna tutto diventa più «normale», meno lirico, e il realismo anche interiore raggiunge forme di comunicatività ancora più alte. A volte domina l’ellissi: quando la ragazza diventa complice dell’uccisione del drogato suo marito (un delitto compiuto soltanto per sveltire la prossima truffa) di quella morte non si vedono immagini. La protagonista ha forza e intensità rare, ma tutti gli attori sono perfetti.

   
         
       Alberto Crespi - Da L'Unità, 19 settembre 2008

   Il matrimonio di Lorna: multietnico e troppo poetico

   L’altro film «fraterno» del week-end, oltre a quello dei Coen, è Il matrimonio di Lorna di Jean-Pierre e Luc Dardenne, fratellini belgi con ben due Palme d’oro in bacheca Anche questo film è stato a Cannes e ha vinto il premio sbagliato, quello per la miglior sceneggiatura. In realtà i Dardenne tentano, per la prima volta, di costruire un film più strutturato dei precedenti, ma proprio il copione fa acqua da tutte le parti e conduce ad un finale - da non raccontare - che punta al «poetico» in modo assurdo. La storia: Lorna, albanese immigrata in Belgio, è sposata con Claudy, tossicodipendente. Un’organizzazione mafiosa vuole eliminare Claudy perché Lorna sposi un russo che vuole ottenere, tramite le nozze, la cittadinanza belga. Più che la storia conta l’apologo su un’Europa multietnica costruita sul sopruso. La protagonista Arta Dobroshi è bravissima.

   
         
       Maurizio Porro - Da Il Corriere della Sera, 26 settembre 2008

   Realismo e magia per i Dardenne

   I Dardenne, cultori del cinema all' europea, dove i tempi sono quelli interiori, silenzi, pause e molti primi piani. Cinema che esplora ma sulla base dei problemi reali di oggi: metti a Bruxelles il traffico delle identità (tema esistenziale ma concreto) per cui la nostra Lorna sposa un tossico per avere quella cittadinanza reclamata poi anche da un amico russo. Ma urge un omicidio. E qui il film spacca il tessuto narrativo per una soluzione poetica, rinnovando lo stile dei fratelli registi che qui si usano un tocco un poco più costruito ed artefatto di cinema, meno macchina a mano, più realismo con tocco magico. Come sempre gli interpreti sono portatori sani di una espressività sconfinata che ci fa capire il dramma di una civiltà in cui tutto è in vendita: infatti nella storia i soldi sono presenti e passano di mano in mano sporcandosi sempre di più citando il gran Bresson de L' argent. Voto 7,5

   
         
       Luigi Paini - Da Il Sole-24 Ore, 28 Settembre 2008

   Tracce d'umanità nel deserto

   Avidità, grettezza, insensibilità. I fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne picchiano duro da sempre, e Il matrimonio di Lorna non fa eccezione. I deboli soccombono, il mondo è riservato a chi non si fa scrupoli. Come Lorna, giovane albanese che si sposa con un tossicodipendente pur di ottenere la nazionalità belga e mettere insieme in fretta i soldi che le servono per aprire un bar con il suo fidanzato. Lui si droga, lei lavora in una sartoria e intanto si è messa d'accordo con una banda che organizza matrimoni combinati.
Appena ottenuta l'agognata, nuova carta d'identità, il marito sarà fatto fuori e la vedova sarà così pronta a sposarsi di nuovo, con un altro disperato, questa volta proveniente dalla Russia. Così vanno le cose, no? Eppure, nel vuoto pneumatico di ogni morale, può ancora farsi strada una parvenza di sentimento, un desiderio d'umanità. Piccola, umiliata, disperata Lorna, forse è proprio dalla tua mente sconvolta che può rinascere un germe di speranza.

   
         
       Claudio Carabba - Da Corriere della Sera Magazine, 2 Ottobre 2008

   La ragazza arrivata nella grigia Liegi dall'Albania ha sposato un giovane drogato per ottenere la cittadinanza belga. Dietro di lei c'è un'organizzazione criminale che prevede un omicidio e un nuovo matrimonio. Come i Coen, i fratelli Dardenne narrano un mondo duro, regolato da crudeltà e da voglia di denaro. Ma forse qualcuno si potrà salvare con un gesto d'amore.

   
         
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