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    Titolo del film: TROPIC THUNDER (Tropic Thunder)

Regia: Ben Stiller

Soggetto: Ben Stiller, Justin Theroux

Sceneggiatura: Ben Stiller, Justin Theroux, Etan Coehn

Fotografia: John Toll

Musica: Theodore Shapiro

Interpreti: Ben Stiller (Tugg Speedman), Jack Black (Jeff 'Fats' Portnoy), Robert Downey Jr. (Kirk Lazarus), Brandon T. Jackson (Alpa Chino), Jay Baruchel (Kevin Sandusky), Danny McBride (Cody), Steve Coogan (Damien Cockburn), Bill Hader (Rob Slolom), Nick Nolte (John 'Four Leaf' Tayback), Brandon Soo (Hoo Tran), Reggie Lee (Byong), Matt Levin (Cam), Yvette Nicole Brown (Viveca), Trieu Tran (Tru), Matthew McConaughey (Rick Peck), Tom Cruise (Les Grossman), Christine Taylor (Rebecca), Mickey Rooney (Carruthers), Tyra Banks (Se stessa), Jason Bateman (Se stesso), Jennifer Love Hewitt (Se stessa), Alicia Silverstone (Se stessa), Jon Voight (Se stesso), Tobey Maguire (Se stesso - non accreditato)

Genere, durata e nazionalità: Azione/Commedia, Usa, 107'

   
         
    Trama

   L'eroe di film d'azione Tugg Speedman, il pluripremiato Kirk Lazarus, il comico Jeff Portnoy, il giovane talento Kevin Sandusky e la star hip-hop Alpa Chino vengono scelti per interpretare un film di guerra dal budget colossale, tratto dall'autobiografia del veterano John 'Quadrifoglio' Tayback, diretto da un emergente regista inglese e prodotto dallo spietato Les Grossman. Tuttavia, le riprese stentano a procedere, soprattutto a causa delle bizzose superstar. Così, dietro consiglio di Tayback, il regista decide di dare un taglio realistico al suo film ed insieme allo stesso veterano e al supervisore degli effetti speciali organizza un set nascosto nel mezzo della giungla, dove, a loro insaputa, i protagonisti dovranno affrontare una serie di trappole, attacchi e imboscate apparentemente reali. Quando arriva il momento delle riprese, però, i cinque attori si troveranno coinvolti nel mezzo di un reale conflitto con un cartello della droga che li scambia per veri militari.

   
         
    Note

   TOM CRUISE E ROBERT DOWNEY JR. SONO CANDIDATI AL GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIORI ATTORI NON PROTAGONISTI DI MUSICAL/COMMEDIA.
   ROBERT DOWNEY JR. E' STATO CANDIDATO ALL'OSCAR 2009 COME MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA.

   
         
    Rassegna Stampa    
         
       Lietta Tornabuoni - da La Stampa, 24 ottobre 2008

   E' una commedia, un film di guerra, una satira e uno spasso»: così Ben Stiller presentando Tropic Thunder da lui scritto, diretto e interpretato. Ed è una delle rare volte in cui ci si può fidare dell'auto-elogio di un autore. Invece di basarsi su trovatine sgangherate, la parodia (perché di questo si tratta) si articola come un film su un film dalla sceneggiatura ben strutturata, prendendo di mira, oltre al filone alla Platoon sul conflitto vietnamita, l'intero caravanserraglio hollywoodiano. Divi che puntano all'Oscar interpretando un ritardato mentale, registi isterizzati da attori primedonne, attori primedonne che si odiano fra loro, agenti biechi e veterani di guerra bidonisti (un godibile Nick Nolte). In più battute dissacratorie a volontà: ce n'è di che tuonare al politicamente scorretto, e infatti in Usa la pellicola è stata bacchettata a destra e a manca, ma non dal pubblico che trovandola esilarante ne ha giustamente decretato il successo.
Realizzato dalla Dreamworks con i mezzi e l'impegno di una vera pellicola d'azione, Tropic Thunder ha anche il pregio di un cast di grandi commedianti che, giocando un poco di autoironia, hanno tutta l'aria di essersi divertiti un mondo.
Sono Stiller, eroe muscolare che ha fatto flop tentando la carta drammatica nei panni del mentecatto; Jack Black, popolarissimo ciccione petomane in una serie tv e drogato perso nella vita; Robert Downey Jr, divo australiano metodo Strassberg e cinque Oscar, che per recitare un nero è arrivato a scurirsi la pelle tramite chirurgia; Brandon T. Jackson, musicista di colore disco di platino che per affermarsi nel cinema ha scelto il nome d'arte di Alpa Chino: quattro superstar che ritardano i tempi di lavorazione del colossal Tropic Thunder tra fisime e bisticci. Finché l'esasperato regista Steve Coogan non li paracaduta in una giungla dove finiscono alle prese con il pericolo reale rappresentato da una banda di narcotrafficanti.
Dei tanti risvolti a sorpresa, il più irresistibile è il cammeo di uno spiritosissimo Tom Cruise, bolso, calvo e tirannico produttore.

   
         
       Roberto Nepoti - da La Repubblica, 24 ottobre 2008

   Nel film di Ettore Scola "La terrazza", il produttore interpretato da Ugo Tognazzi chiede di continuo allo sceneggiatore che gli sta raccontando il soggetto per un nuovo film: "ma fa ridere?". Ecco, la buona notizia è che Tropic Thunder fa ridere; sarà a tratti grossolano, non dirà molto di nuovo su Hollywood: quel che volete, ma fa ridere, e tanto. Fino dai falsi trailer (attenzione a non perderli) che precedono i titoli di testa e che illustrano i generi di cui sono specialisti gli attori impegnati nel "più grande film di guerra di tutti i tempi". Tugg Speedman (Ben Stiller) è l' eroe di fantasy muscolari alla Vin Diesel, ma in declino; il cocainomane Jack Black fa commedie basate sui peti; Brandon T. Jackson è un rapper; quanto a Robert Downey jr. (che fa la parodia di se stesso), è un attore di composizione fanatico del metodo Actor' s Studio (al punto che, per impersonare un sergente nero, si è sottoposto alla chirurgia plastica) e che ha vinto diversi Oscar. Il povero Tugg, invece, non è riuscito a strappare nemmeno una nomination; pur avendo recitato una parte di ritardato mentale, convinto che alle statuette l' handicap paghi. Dunque, il frustrato divo cerca il suo riscatto con un kolossal bellico, da realizzare direttamente nella jungla vietnamita assieme al variegato gruppo di colleghi. Senonché i consigli di un (falso) veterano mitomane cui presta i tratti Nick Nolte - anche lui in vena di autoparodia - trasformano la guerriglia simulata in guerra autentica: scollinando dalla zona delle riprese, i falsi soldati incontrano un vero, piccolo esercito di trafficanti di droga armati fino ai denti che vogliono la loro pelle. E il film di finzione rischia di trasformarsi in un caso drammatico di cineverità. Dopo essersela presa con il milieu della moda in "Zoolander", Stiller concentra l' artiglieria su Hollywood; sport spesso praticato da Hollywood stessa, ma che l' attore-sceneggiatore-regista affronta con simpatica crudeltà e con l' intenzione dichiarata di fare il più politically uncorrect possibile. Associandosi in screenplay Ethan Coen, ha infarcito il film non soltanto di produttori squali e bastardi (una caratterizzazione di Tom Cruise truccato con calotta da calvo e avambracci alla Popeye), agenti fatui e imbecilli, attori dai nervi fragili ossessionati dal successo, e dalla sua perdita; ci ha messo dentro anche la parodia del "war movie", oggi tra i generi leader e sempre più truculento (soldati sventrati, moncherini, scene-madri di repertorio), nonché una serie di riferimenti a classici come "Apocalypse Now" o "Il cacciatore", però senza cadere nelle esagerazioni dell' iper-citazionismo. Il suo, in fondo, è un oggetto cinematografico più insolito di quanto sembri a prima vista. Anche grazie alla larghezza dei messi produttivi che si è trovato a disposizione, Stiller alterna i toni della farsa con quelli dell' actioner, dimostrando anche un certo talento nel realizzare sequenze spettacolari come bombardamenti col napalm e similari.

   
         
       Boris Sollzzo - da DNews, 29 ottobre 2008

   Ben Stiller, Robert Downey Jr e Jack Black. Ovvero il meglio del cinema americano, anche se in generi opposti. Sono i tre protagonisti di quel geniale pamphlet anti Hollywood e anti guerra che è Tropic Thunder, diretto dal primo. Ben, comico geniale e politicamente scorretto, pensava al suo M.A.S.H. da quando, sconosciuto, era nel cast de L'impero del sole di Steven Spielberg. Dagli scherzi e le battute di quel set è nato questo film irresistibile: Stiller è un divo frustrato dell'action, Robert un perenne candidato all'Oscar, Jack una star cocainomane della tv che deve tutto alla sua flatulenza, e devono girare insieme un kolossal, un war movie. Il realismo, si sa, supera ogni effetto speciale e così finiscono davvero nella giungla. Succederà di tutto: Stiller troverà in trafficanti-terroristi gli unici fan delle sue doti drammatiche, Downey Jr., che fa un nero (da urlo,vedetelo in lingua originale), mostra fin troppo le sue doti mimetiche (ironia feroce sull'ossessione per il trasformismo di Hollywood), Black si fa legare come Ulisse per resistere alla coca. In mezzo cammei straordinari- Tom Cruise produttore grasso e pelato è da Oscar- e gag esilaranti che nella loro apparente volgarità sono raffinati attacchi al sistema, che siano lo star system o la guerra infinita. Il Frat Pack (variazione moderna del Rat di Sinatra e del Brat dello stesso Downey Jr.) è tutto talento e pochi vizi, e così sa raccontare alla perfezione quelli dei colleghi. Senza alcuna paura. Ecco perché questo suo Apocalypse Down in America è stato amato dal pubblico e contestato dalle minoranze (su tutti neri e portatori di handicap, per alcune scene molto irriverenti), ecco perché è già un cult. Zoolander è tornato

   
         
       Tullio Kezich - Da Il Corriere della Sera, 27 ottobre 2008

   È lecito ridere della guerra, ovvero di quella cosa orrenda che ogni sera ci rovina l' appetito balenando dal telegiornale? A questa domanda esistono due risposte contrarie: da una parte si ribadisce che l' argomento va rigorosamente evitato per rispetto ai morti e ai feriti, dall' altra c' è chi sostiene che si può (e si deve) ridere di tutto. Nel cinema la vessata questione sembra risolta in chiave assolutoria dai tempi di Charlot soldato (1918), ma ciò non toglie che mezzo secolo fa, quando si seppe che il film La grande guerra di Monicelli sarebbe stato interpretato in chiave comica da Sordi e Gassman, scoppiò da noi una mezza rivoluzione culturale. A ben guardare, però, Tropic Thunder sfugge a questa problematica perché non prende in giro la guerra, ma il modo di rappresentarla tipico del cinema americano: è dunque Hollywood, non il Pentagono, il costante bersaglio del film ideato, scritto, diretto e interpretato da Ben Stiller. L' eclettico mattatore impersona con foga uno dei divi impegnati in un «film nel film»: è Tugg, ex attore di successo reduce da vari disastrosi tentativi di rilancio fra i quali l' ultimo è stato il ruolo dello scemo «Simple Jack» che parla con gli animali. Jack Black è Jeff, un comicarolo di bassa lega che strappa le risate affidandosi alla famigerata «trombetta» di dantesca memoria. Robert Downing jr è il superoscarizzato Kirk, che, abituato a una totale immersione nei suoi personaggi, si è addirittura fatto operare per cambiar pelle e trasformarsi in un soldato nero. Liberi tutti di identificare, dietro a questi pupazzoni, i veri modelli caricaturati. Il che diventa facile per il personaggio di Brandon T. Jackson, che si fa chiamare Alpha Chino (qualcuno ha raccomandato di leggere forte il nome per capire l' antifona). Il gioco del «chi è?» vale anche per il pirotecnico Tom Cruise che con pancione finto e parrucca a biglia impersona, a sorpresa e senza il nome nei titoli, un produttore da manicomio. Per non parlare di Nick Nolte, il miles gloriosus del Vietnam che in base a una vantata esperienza sul campo suggerisce l' idea fatale di immergere gli attori in un' autentica giungla del sudest orientale. Dove cadono prigionieri di una banda di pirati della droga, con tutti i rischi e le sorprese del caso, fra le quali l' improvvisa agnizione dei feroci guerriglieri che scoprono nel prigioniero Tugg il mitico (da quelle parti) Simple Jack. Insomma gli allegri antieroi di Stiller non irridono alla guerra, ma al modo di portarla sullo schermo: tanto che parafrasando Apocalypse Now qualcuno in USA ha ribattezzato il divertente film Apocalypse Wow. È curioso notare che nel consenso generale si sono levate innumerevoli proteste da parte dei difensori dei minorati psichici, dei neri, dei bambini (ce n' è uno veramente perfido...), degli orientali. Nessuno protesta, invece, sul fronte degli hollywooditi, che evidentemente hanno assimilato l' aurea regola di Gogol per cui la cosa essenziale è imparare a ridere di se stessi.

   
         
       Da Il Sole-24 Ore, 2 novembre 2008

   Hollywood, o cinica! Una storia mille volte raccontata: dietro i buoni sentimenti del grande schermo, dietro la retorica patriottarda e la travolgente ondata di melassa si nasconde il cuore duro come la pietra della macchina-cinema. Una storia che racconta anche Tropic Thunder, diretto e interpretato da Ben Stiller. Laggiù nel Vietnam si gira un film ispirato agli atti d'eroismo di un soldato che nella battaglia ha perso le mani. Il sangue cola a fiumi, gli elicotteri volteggiano, i bagliori del napalm illuminano il cielo. Ma è tutta una gigantesca fandonia: quel soldato in Vietnam non c'è mai andato, il regista non sa fare il suo mestiere, il produttore ( obviously...) pensa soltanto ai quattrini. E dunque bisogna fare qualcosa perché il tutto diventi più veritiero, più drammatico, insomma più "vendibile" al pubblico assetato d'immagini forti. Accade così che i nostri poveri eroi –unico pensiero comune arrivare all'Oscar –si ritrovino per una catastrofica serie di coincidenze, e senza rendersene conto, a contatto con una banda di armatissimi narcotrafficanti. È guerra vera, ragazzi, alla faccia della fiction. E quando il gioco si fa duro...

   
         
   

   Marzia Gandoli - da www.mymovies.it

   Tre stelle vanagloriose e capricciose dello star system hollywoodiano sono costrette a convivere dentro lo stesso film: un war movie ad alto budget ambientato nel sud-est asiatico. Tugg Speedman è una tronfia superstar di action movie che sogna gloria e Oscar, Kirk Lazarus è un attore drammatico e pluripremiato col vizio del metodo e dell'immedesimazione estrema, Jeff Portnoy è il divo grasso e cocainomane della saga comica "The Fatties". Decisi a correggere i loro vizi e a non tollerare oltre bizze e stravaganze, il regista del kolossal bellico e il sedicente scrittore del best seller che lo ha ispirato li precipitano dentro una guerra reale e una jungla autenticamente selvaggia. Occupati a bisticciare e a rinfacciarsi le rispettive carriere, procederanno ignari del pericolo imminente. Venire alle armi con un vero e sbraitante gruppo di guerriglieri asiatici gli sveglierà finalmente dal sogno della finzione. Tra esplosioni a colori, effetti speciali, e proiettili a salve troveranno lo spirito di gruppo e un finale conforme al genere. Il "soldato Charlot" di Charlie Chaplin e il macchinista di Buster Keaton furono i primi a mettere alla berlina la vita militare e a parodiare l'insensatezza della guerra. La guerra, l'esercito e la caserma sono luoghi privilegiati della risata, vuoi per il desiderio di esorcizzare la drammaticità degli eventi che vi si svolgono, vuoi per portare un caos travolgente dentro un'istituzione organizzata. L'applicazione del comico a un oggetto drammatico come la guerra è perciò una delle tante e possibili declinazioni del concetto di war movie. Diversamente, la comicità di Tropic Thunder non affonda i denti nella follia di uno scenario di guerra. Si tratta piuttosto di una "dichiarazione di guerra" al cinema bellico, di una commedia parodistica dei conflitti statunitensi rappresentati da Hollywood: Normandia, Corea, Vietnam, Golfo. Un film pieno di rimandi metalinguistici, citazioni e ammiccamenti ironici ai clichè dei classici del genere: da Platoon ad Hamburger Hill, da Apocalypse Now a Salvate il soldato Ryan, da Rambo a Quella sporca dozzina. Ben Stiller fa esplodere, oltre alle bombe e alle postazioni nemiche, l'arsenale retorico e narrativo dei film con cui si cimenta, rimontandoli in maniera iperbolica. Tropic Thunder diventa così un film pieno di cinema ma anche un film sul cinema e su Hollywood, circo di celluloide che esibisce divi volubili, agenti zelanti e produttori villain e villosi. Lo "smontaggio" delle pellicole più note del genere non è un gioco gratuito ma un attacco all'immaginario bellicista hollywoodiano e ad alcuni "vizi" della fabbrica del cinema. L'umorismo della commedia di Stiller è di stampo prettamente metalinguistico e non pertiene né alla tradizione chapliniana del comico antimilitarista né a quella altmaniana (M.A.S.H.) del cinema brillante dalle connotazioni critiche. A misurarsi con la vita in divisa, al fianco di Ben Stiller, ci sono le maschere esagerate, eccentriche e stereotipate del black soldier di Robert Downey Jr. e del commilitone in astinenza di Jack Black. Citazioni viventi del soldato forgiato nel fuoco e temprato nel sangue della "cultura bellica" hollywoodiana, le performance degli attori diventano occasioni per omaggi o riletture di figure classiche dei war movies: Downey Jr. incarna il coinvolgimento e l'esperienza della comunità nera nel conflitto in Vietnam, Stiller compie il rite de passage del colonnello Kurtz, "morendo" crivellato e dentro un ralenti come il sergente Elias di Willem Dafoe, Black è il reduce squilibrato e straniato nato il quattro di luglio. Un mucchio selvaggio che gioca alla guerra, agendo in un film volutamente sgradevole e intelligentemente stupido.

   
         
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